Ada
29 Aprile 2019
Giusy Pastorelli
29 Aprile 2019

Antonio Balestra

Ci sono momenti in cui ci fermiamo a guardare il cielo a fissare le stelle. Puntiamo le più luminose come se a noi, viandanti di un tempo perso, potessero segnare la strada. Un attimo non di più e passa veloce una cometa, un frammento di stella luminoso come un fulmine. Giusto il tempo di scorgerla ed è già svanita. Di quegli attimi passati a fissare il vuoto rimane il ricordo di un bagliore improvviso che si porta con se l’amarezza della brevità della sua esistenza, ma anche la consapevolezza che a segnare la vita può essere un frammento più umile di mille stelle e cento volte più luminoso di quelle che, eterne e immutabili, hanno la presunzione di indicarci il cammino.

Come comete ci sono persone speciali che lasciano il segno nella nostra vita e come le comete spesso non durano più di un secondo come a volere lasciare con maggiore rimpianto il loro bagliore nella nostra memoria. Come per le comete ci rimane il rammarico per la brevità della loro durata ma anche la consapevolezza del privilegio di averle viste passare dalla propria esistenza.

Di Pierangelo ho brevi piccoli ricordi a cui è destinato uno come me, che lontano dalla propria gente e da chi ama, si accontenta di piccoli sorsi di memoria.

Lo vidi la prima volta nello schermo dell’ospedale di Taranto appena approdato alla vita, troppo lontano per riconoscerlo.

Ma forse l’avevo incontrato tanto tempo prima quando con Angelo avevamo condiviso i sacrifici ed i sogni per il nostro futuro. Quando nelle solitarie serate romane guardavamo ai nostri domani. Pierangelo apparteneva già al domani del mio amico fratello che stava già preparando il suo progetto più impegnativo, così lontano da quelli che allora erano i miei sogni.

Pierangelo era già negli occhi di suo padre e di quella splendida ragazza che sarebbe diventata sua madre.

Gli occhi che conoscerò negli anni successivi portavano la profondità del mare in cui era nato ed erano gli stessi dei suoi genitori.

I frammenti di ricordi che mi porto dietro sono quelli della “banalità” della normalità, ma mai come oggi la semplicità dei valori che trovavo nei gesti della loro famiglia assume un valore di straordinarietà.

Era quella che io e Paola ritenevamo la famiglia perfetta. E non è un caso che le comete più luminose brillino maggiormente nei cieli tersi.

Piccoli flash mi riportano la memoria a ricordi vaghi come la tavola sparecchiata con la sorellina o i racconti del lavoretto estivo o della vacanza dalla zia sul lago di Garda, così come l’entusiasmo nel portarmi l’annuario del liceo che avrebbe intrapreso l’anno successivo e la volontà di iniziare a studiare il latino da quell’estate per non dovere essere indietro. E quella luce per il domani, per le sfide del futuro che non avrebbe mai lasciato i suoi occhi.

Quella stessa luce che rivedrò più volte in seguito, quando sorridendo mi faceva vedere i libri di filosofia stipati su per le scale, quando parlava della scuola e del suo futuro e per ultimo questa Pasqua quando mi raccontava dei suoi voti, del suo penultimo anno di scuola e del suo domani.

Ed erano i giorni in cui un destino beffardo e crudele aveva deciso il suo domani.

Era dopo quel terribile giorno d’estate quando ho bussato felice di rivedere degli amici ed il volto pietrificato di Jusi mi ha fatto capire tante cose, la corsa a Taranto e l’incontro con Angelo e quel suo volto che non avrei più visto sorridere negli anni successivi.

Da quel giorno fu tutto diverso ma la voglia di pensare al domani di costruire caparbiamente il proprio futuro non abbandonò mai Pierangelo. I suoi occhi continuarono a guardare avanti oltre quella linea sottile che il destino gli aveva posto sul cammino.

Le persone eccezionali le riconosci da come sanno guardare oltre l’orizzonte. Quegli occhi così profondi e capaci di guardare oltre gli ho rivisti la prima volta che lo andai a trovare in ospedale, fino all’ultima volta quando con la mia Francesca l’ho visto nella sua casa.

Erano gli occhi che dispensavano sguardi di complicità e di amore verso Sara erano gli occhi che s’illuminavano quando Angelo seduto al suo fianco gli stringeva la mano mentre parlava del suo futuro o Jusi lo fissava con amore.

Come le stelle più luminose Pierangelo è riuscito a segnare un percorso a chi lo ha amato e forse questa è l’eredità più impegnativa che potesse lasciare.

A me, che non riesco a guardare oltre, mi rimane solo la domanda del perché il destino abbia fissato una linea così vicina al suo orizzonte.

So di certo che di risposte non saprò darne e che forse per scoprirle dovrò fissare il cielo in attesa che, in mezzo a mille stelle, riesca scorgere una cometa più luminosa delle altre.

Uno come me che, lontano dalla propria gente, non riesce a perdonarsi il non avere potuto abbracciare Angelo, Jusi e Sara nel giorno più triste, ha il privilegio di pensare che tornando a Taranto potrà rivedere quegli occhi neri e profondi come il mare, pieni di vita e proiettati verso il futuro.

So che purtroppo questo non è vero ma so anche che gli stessi occhi li ritroverò negli sguardi di chi ha avuto la fortuna di amarti.

Ciao Pierangelo.

 

Antonio Balestra

 

Luglio, 2008

 

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