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29 Aprile 2020

Gli ideali di solidarietà

Traccia: Gli ideali di solidarietà e di pacifica convivenza tra gli uomini esigono che le differenze tra gli individui e quelle tra i popoli vengano riconosciute e rispettate come un irrinunciabile patrimonio civile. Quali allora le origini dei sentimenti di profonda avversione e invincibile ripulsa che caratterizzano spesso gli odierni rapporti tra le differenti comunità nazionali e gruppi etnei diversi?

Il lungo corso della storia dell’uomo è segnato da innumerevoli conflitti che si sono in essa incessantemente alternati, e che trovano, ieri come oggi, in un solo, semplice e definitivo scopo la loro efferata motivazione: il potere, quella consapevolezza assoluta di poter operare indisturbati, in ogni modo e sempre, la più meschina delle giustificazioni e allo stesso tempo il più crudele tra gli effetti dei peggiori crimini. Il potere, e la cieca brama di esso, è assieme all’intelletto e alla morale (sino a quando questa può considerarsi esistente) una delle più sostanziali differenze tra l’uomo e gli altri animali. È pure esso, la motivazione per quei filosofici, teorici o religiosi sentimenti di odio e razzismo che invadono il pianeta.

Il genere umano si è diffuso su tutta la Terra, anche in alcuni tra i suoi più remoti recessi, e ha sviluppato, in particolari condizioni e necessità, aspetti fisici e sociali spesso completamente differenti tra loro. Questo mosaico o arcobaleno di culture, questa ricchezza di colori, presi singolarmente dalla tavolozza appaiono poveri o svuotati della loro lucentezza, nonostante si conservino sempre vivi e importanti; se invece sono uniti e accostati sulla tela collaborano pienamente ad esaltarsi a vicenda in un’armonia di sfumature che fa comprendere a pieno la bellezza, la purezza e la ricchezza che il genere umano potrebbe raggiungere.
Purtroppo l’uomo non riesce a guardare a questa policromatica tela come ad un mezzo di maturazione e arricchimento interiore, ma riesce invece a manipolarla a suo piacimento mutandola in assurde motivazioni o immaginarie giustificazioni per la caccia al suo agognato potere.
“Puniamo gli infedeli” urlava l’onda di crociati diretta a Gerusalemme, ma chi sono gli infedeli? Chi va contro la giusta fede, la retta via, il vero Dio? Cosa è la normalità o quale la regola, conoscendo la quale, potremmo riconoscere la diversità come quella determinata entità che non presenta tutti i crismi e le condizioni per essere riconosciuta, accettata e poi rispettata come giusta e vera poiché rientrata nella norma convenzionale?
La verità è che ognuno di noi, ogni colore, ogni popolo o etnia crede di essere nel “giusto”, di appartenere alla “normalità”, all’ “esatta esistenza” e quando si è convinti di essere i “giusti” o i “regolari” si cade nella fanatica convinzione di essere anche i “migliori”.
Guardando quella policromatica tela non come un meraviglioso esempio della pluralità delle esistenze, della loro eguale bellezza e importanza o del delicato equilibrio che le unisce; non con gli occhi affascinati di un curioso osservatore ma con quelli folli di un fanatico che vi vede solo un caos di errori e infedeltà e mira, attento, a trovare il “suo” colore, l’unico giusto e regolare colore per poterlo poi allargare e stendere su tutta la tela inglobando e cancellando gli altri colori con le altre mille sfumature che arricchivano il quadro, guardando la tela proprio con questi occhi da inquisitore si capisce il perché oggi persistono ancora odi razziali e sentimenti di avversione fra popoli o etnie.
Finché non si capirà che nulla è più “giusto” o “regolare”, “migliore” o “normale” ma che ogni esistenza merita di essere apprezzata e rispettata anche per il solo motivo che esiste, che nulla è uno “strappo alla regola” in una vastità di etnie dove appunto non esiste e non può esistere una “regola”, non si riusciranno a placare i rancori e le diffidenze che assillano l’uomo. Siamo abituati a guardare il nostro vicino, il diverso, come un nemico non conforme alla nostra “normalità”, e se noi ci consideriamo migliori, giusti e buoni, disprezzeremo gli altri come crudeli, ingiusti, errori da correggere ma anche e soprattutto inferiori e rivali. È proprio su queste ultime due concezioni che si basano molti degli odi e dei più grandi massacri, guerre o genocidi che adornano, come trofei alla cattiveria e alla stupidità umana, la bacheca dei ricordi della Storia.
Percorrendo velocemente i secoli che ci hanno preceduto potremmo ricordare l’idea di superiorità che i greci avevano sui loro vicini persiani, creatori di una cultura fastosa e differente, ma per loro solo barbaroi inferiori, pericolosi rivali nella gestione del potere. Ritorniamo agli inferiori, anzi infedeli muslim, che la Chiesa tanto ha aberrato dall’alto della sua “giusta esistenza”, ma che tanto temeva e combatteva per raggiungere il bramato potere. Poi potremmo passare alla tratta dei negri: qui una vera e propria filosofia di superiorità razziale rappresentava la ben costruita maschera di un crudele sfruttamento intensivo, teso alla conquista di ricchezze, e quindi ancora del potere. Più vicino a noi è il grande genocidio di Hitler che tanto detestava la razza di Sion, “spregiudicati e avidi banchieri” li definiva, e così voleva discriminarli come inferiori e ancor di più come pericolosi e rivali, sterminandoli per raggiungere il potere. Per ultimi, ma non per questo meno importanti o degni di citazione, i nostri cari contemporanei integralisti islamici, che in una sorta di vendetta anticrociate, mirano al ripristino del “gran califfato arabo” e disprezzano gli infedeli occidentali, ovviamente non con ingiuste, sbagliate o sanguinarie crociate armate, ma con la santa e giusta Jihad islamica.
Dunque la diversità viene a essere intesa come pericolo e minaccia alla propria esistenza, un nemico alle porte pronto a minare la pace e la stabilità di una normale e tranquilla città. È allo stesso tempo una delle tante maschere con cui motivare guerre e massacri, poiché, come diceva L. Tolstoj: «guerre e massacri hanno sempre bisogno di una giustificazione, vera o inesistente, giusta o sbagliata che sia, come un fumo negli occhi pronto a motivare migliaia di uomini, popoli o nazioni e necessario a muovere gli uni contro gli altri».
Se così è, l’ideale di pacifica e armoniosa unione di popoli o convivenza fra etnie differenti, un modello fantastico di accostamenti variopinti rimarranno sempre una meta lontana, un traguardo irraggiungibile posto dallo stesso genere umano sul suo travagliato cammino per il bisogno che ha di sperare, o meglio di poter creare e raggiungere, qualcosa di meglio della cruda ma concreta realtà.
Gli ideali sono quasi sempre porti remoti e tranquilli dove approdare con la fantasia per poterne poi uscire rafforzati o ingannati tornando a credere nella possibilità che il mondo possa cambiare. Sono deboli barlumi che vacillano sempre minacciati dalle forti raffiche di odio, egoismo, superbia e malvagità, venti impetuosi che gonfiano come fossero vele di un veliero alla deriva, la maggioranza dei cuori umani.
Una visione pessimistica ma concreta della storia dell’uomo porta alla convinzione che sempre, nel passato come anche nel futuro, è esistito ed esisterà un popolo, una etnia o una semplice comunità di àristoi che sfrutterà, finché il tempo, le condizioni e i motivi lo permetteranno, una classe di diversi e inferiori, interi popoli sottomessi, colori cancellati senza pietà dalla tela, speranze sempre più vane di raggiungere quel lontano e illusorio ideale di unita armonia.
È scritto nelle leggi della Natura che esiste un dominatore e un sottomesso, un forte che prevalga su un debole; è uno dei tanti spietati ed inesorabili principi che ancora abbiamo in comune con quelli che governano i cicli del mondo selvaggio e animale, che ritornano anche nella storia umana regolando e alternando vincitori e vinti in una corsa senza fine o tregua, che determina la nascita o la caduta degli imperi,il diffondersi o il morire di una fede, la vittoria o la disfatta di un esercito, la fortuna o la povertà di un popolo.
Anche tutti gli stessi mali e le disgrazie di questo pianeta, sosteneva Foscolo, contribuiscono forse a muovere il grande ciclo della Natura e a determinare l’armonia e la prosperità di un altro mondo, come in un grande equilibrio cosmico dove, lontano da questa diversa Terra, esiste un mondo pervaso da reali ideali idilliaci, in cui amore , fratellanza, altruismo, bontà rappresentano davvero i fini ultimi e concreti di ogni vivente, e dove tutti i colori esistenti, uniti nell’uguaglianza e nel rispetto reciproco, convivono pacificamente sulla grande tela della storia.

Servo di Dio Pierangelo Capuzzimati
Da un tema VD Ginnasio Liceo Classico Archita
A.S. 2005/2006

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